venerdì 15 novembre 2013

Le differenze tra Google+ e FaceBook.



Google+ vs Facebook

Parliamo delle differenze tra i due social


Qualche giorno fa ho partecipato al primo Hangout in diretta creato dalla community Google+ "Parliamo di Web e Social Media Marketing".
Devo ringraziare i due amministratori Dade Cavalleri e Federico Gagliarde per aver accettato il mio invito ad una discussione sulle differenze tra i due principali social network del momento: Facebook e Google+

Federico ha coordinato il dialogo tra me e Dade in qualità non tanto di esperti quanto di assidui utilizzatori io prevalentemente di GooglePlus e Dade del social di casa Zuckerberg.

Ne è venuta fuori una chiacchierata molto informale, direi iniziale, che potrebbe rappresentare una sorta di preludio ad una serie di approfondimenti più professionali sull'utilizzo diretto delle varie piattaforme sociali integrate tra di loro in campagne di social media marketing. 

Il video dura all'incirca due ore - notizia che capisco vi renda affranti - ma ritengo che possa essere un buon inizio per chi non abbia ben chiare le differenze abbastanza importanti tra le due piattaforme dovendo decidere una strategia di utilizzo dei due mezzi a seconda di che cosa si deve occupare.





Questo il mio contributo più specificamente diretto a tutti coloro i quali poi vorranno seguire il mio corso di Web Marketing presso l'Associazione "Al 72 imparo a..." a Livorno e presto tramite webinar anche online.

Per chi fosse interessato questo il link per la mia rivista Flipboard online dedicata al Web Content Management ed al Social Media Marketing.


Per info su orari e costi dei corsi cliccate "Mi Piace" sulla pagina al link sopra indicato o scrivetemi privatamente all'indirizzo lioklingo@gmail.com

lunedì 4 novembre 2013

Scrivere per il web


Scrivere per il web. "Che bel lavoro fai!" 
Facile a dirsi, come per tutti i lavori. Bisogna scrivere tanto, molto, moltissimo. Di più.
Se poi uno è così malato da scrivere per il web e poi curare i contenuti con campagne social network, cioè, se oltre ad essere un content manager è anche un social network marketer, ossia se dopo aver scritto deve scrivere d'aver scritto, allora non ne parliamo.
Fossero penne e non tasti finirei una vecchia BIC al giorno, forse forse stando stretti. 
Si vergano tasti su tasti. Si vomitano parole a centinaia di migliaia.
E non basta il mestiere. Si può cercare di addomesticare il caribù quanto si vuole ma il pubblico della rete - voi, maledetti - è davvero difficile: non si accontenta di un brodino caldo dopo una giornata di pioggia. Vuole l'apparecchiatura migliore, piatti ben assortiti comprendenti antipasto misto, due o tre primi, secondo importante, dolce di qualità e vini inestimabili. Scrivere per il web quindi richiede la capacità di rimanere concentrati il più possibile e cercare di focalizzare bene i tre punti principali:
- aver qualcosa da dire
- sapere di doverlo dire come non lo ha mai detto nessuno (altrimenti...)

Il punto tre non ve lo dico. Non oggi. 

Ho cominciato a scrivere questa mattina attorno alle 8.00, rispondevo qua e là a qualche post notturno sui social, ancora con mezzo caffè sui baffi e poco in circolo nel sangue.

Si scrive per necessità. Attenzione! Non per necessità di mangiare. Cioè un po' sì ma non si scrive per soldi e basta, nel mio caso è davvero una necessità

L'altro giorno un poeta, chiamato ad esprimere un pensiero mentre lo premiavano, guardò tutti negli occhi dal palco e poi disse secco "Mi scuso ma io scrivo per non parlare!".

Non sono arrivato proprio a quel punto - gli amici sanno che mantengo intatta anche la logorrea -  ma scrivere aiuta davvero i miei neuroni impazziti a spurgare almeno una parte della produzione in eccesso che nessuno chiede loro ma che avviene.

E allora facciamone un lavoro. Scrivere scrivere scrivere. E poi rilanciare, rispondere, congiungere, inventare, dire, fare, baciare... eh, almeno baciare, sarebbe niente male. Ragazzi, mica facile. La testa si stanca non meno del corpo.

Ore 22.22, bella ora esatta, almeno nella forma. Forse mi fermo. Anche oggi ho scritto un mezzo libro. 

Chissà cosa sarà "Quel che rimane..."
Se rimane.

Comunque ci sarebbero quei corsi dove racconto un po' cosa si può fare per vivere scrivendo per la rete. Se qualcuno fosse interessato... mica dovrò scriverla tutta io, la Rete. 'iutatemi!!!

di Leonardo Vannucci (lioklingo@gmail.com)

PER INFO SUI CORSI DI WEB CONTENT MANAGEMENTE SOCIAL NETWORK MARKETING SCRIVETEMI IN PRIVATO PER DATE E COSTI.

venerdì 25 ottobre 2013

Raccontare... sul web.


Lo chiamano storytelling. Sono americani, detengono loro lo ius primae noctis su ogni idea nuova che si affaccia sul web.

A dire il vero lo storytelling, che io preferisco chiamare l'arte di raccontare, già da molti anni viene utilizzato nel marketing e nella pubblicità generaliste.

Qui però (e per fortuna) si parla di qualcosa di più sincero.

Sì perché da qualche tempo l'arte di raccontare sul web è non soltanto un bel modo di condividere con amici qualcosa, ma anche lavoro, lavoro, lavoro.

Nel corso degli ultimi mesi molte cose sono avvenute nel panorama di Internet ma una delle più significative è certamente stato il graduale aggiornamento degli algoritmi che regolano il funzionamento dei motori di ricerca.

Avremo modo di affrontare insieme l'argomento più nel dettaglio, qui invece vorrei far capire un concetto fondamentale che sta alla base delle opportunità che si sono spalancate per chi sappia scrivere oggi. Adesso due nuovi fattori sono prioritari per una buona indicizzazione internet di un sito di qualsiasi genere: la qualità del contenuto scritto e il flusso di interazioni che questo contenuto ottiene sui vari social network.

Tutto qui? Se vi par poco... Fino a qualche tempo fa, grossolanamente, erano l'importanza di un marchio, brand o nome e la struttura interna del sito, compresa di metatag (parole chiave nascoste nel codice) che aiutavano a salire nei risultati delle ricerche. 
Trovato un buon webmaster, creato un buon sito con tutte le regoline applicate a perfezione, si poteva sperare di essere trovati in  maniera relativamente semplice.

Piano piano gli algoritmi hanno dovuto mutare in maniera sempre più complessa. In fondo, dati Google, ogni giorno vengono pubblicate in rete tante informazioni quante tutte quelle mai prodotte dall'uomo dall'alba dei tempi fino al 1970. Capite quanta roba tra la quale frugare per darvi una risposta? 
Per i motori di ricerca diventava quindi sempre più importante poter soddisfare correttamente le richieste degli utenti. Ecco che via via venivano quindi implementati degli accorgimenti sempre più spinti verso la personalizzazione dell'esperienza Internet. 

Digitare "agriturismo con piscina" da Tivoli, Palermo o Milano porterà a risposte completamente diverse visto che, tra le altre cose, i vari motori che sondano i miliardi di pagine in circolazione terranno conto del luogo dal quale voi ponete la richiesta. Scrivere invece "agriturismo con piscina Isola d'Elba" offrirebbe comunque una risposta diversa a seconda di quelle che sono le vostre abitudini online.
Se qualcuno, per esempio, cercasse frequentemente siti di argomento ecologico potrebbe ricevere per prime, tra le risposte, segnalazioni di agriturismi che rientrano in categorie ecologicamente rilevanti. E così via...

Tutta questa personalizzazione ha spinto quasi al delirio i responsabili di marketing online. "Oh Signore! Come faccio a capire come sono indicizzato adesso?".

E' qui, e approfondiremo presto, che entra in gioco l'arte di raccontare...

Avere un blog aziendale nel sito, curarlo come un orticello ogni giorno con pazienza e cura, utilizzarlo per parlare alle persone che pensiamo frequentino il nostro portale con la stessa sincerità con la quale parlereste loro di persona... tutto questo serve ad una cosa che se vogliamo scavalca ma è anche più rassicurante di un semplice essere indicizzati: la fidelizzazione.

Raccontarsi e raccontare vuol dire anche poi commentare, discutere, interloquire con quelli che una volta erano clienti e che adesso spesso divengono amici.

Il combinato composto di un buon blog e di un accurato lavoro sui social network permette di avvicinare le persone vere, quelle con la mano alzata che cercavano quello che offri tu ma che non ti conoscevano.

Basta così? Scrivo come raccolgo la mia uva e come lavoro il mio vino e la mia azienda agricola supererà un buon Chianti DOC nei motori di ricerca?

No, non è così e non basta. Ve l'ho detto che è un lavoraccio (almeno ad alcuni di voi)... 

Per adesso mi interessa che sappiate che raccontare è fondamentale. Presto cercheremo di entrare più nel dettaglio e capire come è fondamentale.

E soprattutto come si scrive sul web: quali possibilità offre in più e diverse dalla scrittura canonica.

Per saperne di più seguitemi qui sul blog. A tutti coloro invece che si trovano a Livorno o zone limitrofe vorrei far sapere che a inizio Novembre terrò dei corsi professionali di Web Content Management e Social Network Marketing presso l'Associazione "al 72 imparo a..."

Per info seguite la pagina Facebook oppure contattatemi all'indirizzo mail lioklingo@gmail.com

lunedì 21 ottobre 2013

Un viaggio nella politica presi per mano da una penna geniale.


Paolo Nori, un geniaccio!
Ho cominciato a leggere i suoi libri tanti anni fa, quando mi imbattei nel suo "Bassotuba non c'è", adesso riedito Feltrinelli ma che nel corso degli anni è stato pubblicato da varie case editrici.
Sfogliavo questo libro, chi si ricorda chi potrebbe avermelo consigliato. Fatto è che non riuscivo a capire se mi piacesse o meno. E nel frattempo l'ho divorato. Ho continuato per anni a chiedermi se mi fosse piaciuto. Eppure una cosa particolare era avvenuta: il suo personaggio, Learco, era diventato mio amico. Avrei voluto saperne le sorti, com'è poi successo con altri libri dove è tornato protagonista.
Avendo poi riacquistato lo stesso libro anche nelle altre edizioni successive ho capito che era amore, di quello strano, strisciante. Il romanzo ed il suo scrittore mi si erano insinuati dentro, incastonati nel cervello. Ogni volta che vedevo il nome Paolo Nori scritto su una copertina non riuscivo a non piluccare qualche pagina qua e là per poi finire per comprarlo.


E insomma il mio rapporto con Nori si è rafforzato nel tempo, di lui ho letto praticamente tutto quello che circola in via ufficiale e anche qualcosa di non ufficiale.

Il farabutto ci ha pure fatto prendere uno spavento quest'estate, quando a seguito di un incidente ci ha lasciati qualche giorno con il fiato sospeso. Ma siccome è una pellaccia nella vita quanto lo è tra le pagine dei suoi testi eccolo che rispunta in libreria e questa volta non con un romanzo ma con un viaggio nel disincanto di oggi difronte alla politica italiana.
"Mo mama: Da chi vogliamo essere governati?", edito da pochissimi giorni per i tipi di Chiare Lettere è un libro che parla della situazione politica di oggi a partire dalla realtà di Parma. Come se per la prima volta, dopo tanto tempo, ci si ponesse difronte al panorama attuale con occhi nuovi per vederlo come per la prima volta. Che cosa scopriamo durante questo esperimento? Che ne siamo tutti coinvolti e che forse, davvero, è bene fare un bel punto a capo, guardare le cose come sono e per quel che sono e cercare di sbrogliare una matassa infinita, non senza sarcasmo acuto.

Una prova? Ecco qualche riga...

"Ho sentito dire che chi non va a votare priva del diritto di andarci anche tutti gli altri e io, scusatemi, sono vent'anni che sto a casa, quindi sono vent'anni che privo la gente dei loro diritti, e io pensavo, e, vi confesso, penso ancora, che fosse e che sia un mio diritto, stare a casa, e devo dire, scusatemi, che da quando, vent'anni fa, ho smesso di credere che qualcuno che andrà in Parlamento farà il mio bene, da quando ho cominciato a pensare che il mio bene era bene non delegarlo a nessuno ma farlo da solo, e che la politica non è una cosa che si fa quando si va a votare, ma che la politica si fa tutti i giorni, e che è politica il modo in cui si parla, il modo in cui ci si muove, che è politica il grado di gentilezza con cui si parla con i propri figli, e coi propri genitori, ecco io sto molto meglio, da quando ho scoperto queste cose."

Ecco. Capito? Questi sono i periodi di Nori, le sue frasi articolatissime eppure chiare, dove è ben chiaro sia il capo che la coda... una sorta di stream of consciousness moderno.

Uno spasso, insomma, ma con del contenuto. Il passo in cui dice che è politica parlare con buon grado di gentilezza con i figli, aggiungendo poi quasi si dispiacesse di non aver ricordato a sé stesso e a tutti noi anche i genitori, è il metro con il quale questo splendido autore misura il mondo.

Ecco perché ho preso a scatola chiusa anche questo suo libro. 
Ecco perché voglio compiere questo viaggio strano nella politica di oggi, non per mano di un politico o di un analista ma di uno scrittore.
Che però, da sempre, ha visto molto molto lontano.

Buona lettura.



domenica 13 ottobre 2013

Come dire l'amore con dolcezza: Jonathan Safran Foer, una citazione.

(Foto thanks to anicelittle.tumblr.com)

Mi trovi meravigliosa? gli chiese lei un giorno [...]
No, lui rispose.
Perché?
Perché ci sono tante ragazze meravigliose. Immagino che oggi centinaia di uomini abbiano chiamato meravigliose le loro innamorate, ed è solo mezzogiorno. Non puoi essere come centinaia di altre.

Jonathan Safran Foer - "Ogni cosa illuminata", ed. Guanda


venerdì 11 ottobre 2013

Un gran bel Premio Nobel per la Letteratura.


Che bello questo Nobel alla Letteratura 2013... edificante premio ad una carriera splendida di narratrice per Alice Munro. Ne sono felice perchè gli ultimi premi assegnati avevano un sapore di ricerca troppo esasperata. Non voglio entrare nel merito della qualità dei nomi scelti o delle motivazioni che hanno spinto a premiarli, reputo soltanto che un Premio così importante debba tener conto anche degli effetti che determinata letteratura ha lasciato sul panorama mondiale.

Alice Munro sicuramente ha saputo rinverdire la forma racconto, riportarla ai fasti del passato pur scegliendo un registro vocale assolutamente distintivo e innovativo.
L'autrice canadese ha sempre offerto ai propri lettori pagine genuine, dettate da una necessità di raccontare piuttosto che da quella di piacere. La sua scrittura ha sondato l'animo umano partendo dal punto di vista della vita di tutti i giorni, scandagliando nei gesti quotidiani, quelli che contraddistinguono un'esistenza e che raramente sono oggetto di narrazione.

Al centro dei racconti dell'autrice non c'è una metafora della vita o la ricerca di una morale, non si tratta di libri "istruttivi" ma di libri sulle persone. In un gioco come di palle di biliardo la Munro analizza gli effetti e le cause dei movimenti di anima tra i suoi personaggi: le pulsioni, le necessità, i desideri, ma anche la noia, la disperazione e poi la rinascita, il miglioramento.

I suoi personaggi, mai banali, procurano spesso una forte identificazione con il lettore perché analizzati con bisturi invisibile nel loro agire giornaliero, normale, pazzamente, disperatamente o felicemente normale.

Non troverete voli pindarici o alchimie strane nei suoi libri. Troverete vita allo stato puro, semplice nella sua complessità eppure così reale da uscire dalla pagina in maniera indelebile.
Anche i titoli dei suoi libri, così come quelli dei suoi racconti, sembrano volutamente normali, come se cercare qualcosa di altisonante turbasse l'equilibrio di un ecosistema dove tutti gli elementi trovano il loro posizionamento senza sforzo. 

Sono felice infine perché molti narratori navigano anni, alla ricerca di un registro, di un tempo di narrazione che non trovano. Si sente spesso l'inadeguatezza del mezzo che scelgono per raccontare. La Munro  invece è ben conscia di riuscire nel breve, di saper trasmettere cose importanti senza la necessità di una struttura pesante, articolata. Malgrado la forma racconto fosse riconosciuta - non si capisce perché - come una forma di letteratura minore o comunque meno importante, la Munro non ha mai ceduto ai dettami del commercio ed ha proseguito secondo la propria propensione e le proprie capacità, riuscendo in questo a dimostrare anche grazie a questo Premio ma non soltanto, come attraverso il racconto si possa lasciare un segno indelebile nel mondo.

Proprio recentemente Mondadori ha pubblicato lo splendido volume dei "Racconti" nella collana dei Meridiani

I suoi libri più famosi ed amati in Italia altrimenti sono
- "Nemico, amico, amante...", edito da Einaudi: una serie di nove racconti di tipo familiare, dove emerge una spiccata sensibilità femminile che serve a sottolineare come nei rapporti umani, qui pacati, riservati, quasi intimi, si riesca a cogliere un senso di meraviglia anche da ciò che apparentemente è normalità. Si trova nella narrazione un senso quasi chirurgico della descrizione dell'ambientazione, dell'osservazione della scena dove si svolge l'azione. Il racconto che dà anche il titolo alla raccolta parla di una giovane cameriera, tratta in inganno da un malevolo scherzo di due bambine che attraverso una falsa corrispondenza le fanno credere che un uomo sia innamorato di lei al punto da convincerla a lasciare tutto, fare i bagagli e partire per raggiungere l'uomo in un luogo remoto. Arrivata a destinazione la donna capirà che le cose non stanno come immaginava ma, non doma, cercherà comunque di "prendere possesso" dell'uomo che ormai immaginava come compagno di vita.

- "In Fuga", sempre edito da Einaudi: raccolta che prevede otto storie di donne, mirabilmente gestite. Raramente si trova una così ben distribuita dose di completezza in una raccolta di racconti. Otto vite completamente slegate l'una dall'altra eppure così intrinsecamente collegate da un invisibile filo comune ci offrono l'opportunità di entrare nella mente delle protagoniste e vivere da quella posizione privilegiata lo svolgersi degli eventi. Molto coinvolgente, sicuramente uno dei capolavori della letteratura contemporanea.

- "Il percorso dell'amore", Einaudi: In questo libro... l'amore. Non bisognerebbe aggiungere altro. Il leit motiv della raccolta è proprio il sentimento più complesso e articolato che si possa provare e l'autrice approfitta dei suoi personaggi per raccontarne le infinite sfaccettature riuscendo, davvero mirabilmente, a non essere mai scontata ma sempre piacevole e profonda su un tema sul quale sembrava esser stato scritto già tutto. I racconti sono così dettagliati, così vissuti dall'interno delle situazioni da non essere descrivibili, tanto sono intimi e partecipati. Una lettura che consiglio davvero tanto.

- "Il sogno di mia madre", sempre edito da Einaudi: Posso dire di questo libro quel che mi ha provocato dentro. E' come se mi fossi reso per la prima volta conto di quanto la letteratura avesse attinto, nelle mie precedenti letture, a qualcosa di volontariamente voyeristico, di forzatamente straniante, esagerato. Quello che colpisce al cuore di questo libro invece è la semplicità, all'interno della quale si cela in realtà un ecosistema così complesso e benefico da risultare davvero salvifico. Non c'è finzione nei personaggi inscenati dalla Munro, esiste soltanto la vita, a tutto tondo. Ho amato questo libro perché l'inafferrabilità dei concetti che vuole esprimere rappresenta in realtà la nostra incapacità di comprendere fino in fondo anche le nostre reali necessità, i nostri desideri e le nostre possibilità nel mondo. La Munro ci accompagna come se volesse rassicurarci, tra le sue pagine specchio, dove troviamo noi stessi e riconosciamo, ma con tranquilla onestà, i nostri limiti terreni.

Voglio chiudere con una nota importante. Alcuni hanno paragonato il nuovo Premio Nobel a grandi scrittori di racconti del passato come Cechov o Flaubert; non penso di avere gli strumenti per fare altrettanto. Mi limito a dire che quando una scrittura è così lieve e contemporaneamente così coinvolgente è impossibile non pensare di trovarsi difronte alla grandezza.
Il punto di vista, specificatamente femminile, non tragga d'inganno i lettori uomini. Anzi... il mio consiglio, nell'eterno tentare di capire di più sull'altra metà dell'universo, è provare ad utilizzare queste storie meravigliose come una chiave di lettura in più per comprendere quanto profondo sia il pensiero femminile. Anche quello che nascondiamo, da ometti, ben custodito dentro di noi.

Buona lettura...



mercoledì 9 ottobre 2013

Un modo di leggere divertente e colorato...


Lo so... può sembrare strano che un ex libraio promuova un mezzo di lettura alternativo al libro. Eppure non possiamo nasconderci dietro ad un dito: leggere è diventato dannatamente costoso.

Il Kindle Fire HD è comunque un oggetto dai molti pregi. Non soltanto permette di leggere libri in piena comodità, potendo anche rapidamente acquistarli dallo Store di Amazon ma anche di poter avere tutti quei vantaggi di navigazione Internet e quant'altro che lo rendono forse il tablet più apprezzabile nel rapporto qualità/prezzo.

Il livello HD del display, colori e definizione, sono ottimi. E' possibile quindi utilizzare questo splendido e diffusissimo oggetto non soltanto per leggere libri ma anche guardarsi un bel film o una serie TV  con un'ottimo livello di piacevolezza e rimanere in contatto con gli amici dei Social ad un prezzo che davvero non esiste per il comparto.

In questi giorni, oltretutto, Kindle Fire HD è messo in vendita ad un prezzo ribassato di ben 60 Euro. Con 139 Euro anziché 199 si può molto rapidamente entrare in un nuovo modo di accedere ai contenuti, leggere, ascoltare musica, dialogare, rimanere in definitiva in contatto con il mondo ovunque voi siate, senza dover accedere ad un computer.

Un modo quindi divertente e colorato di leggere e non solo. Ecco perché anche un libraio, che non rinuncerà mai alla lettura cartacea, per alcuni titoli di interesse relativo si affida come me ad un mezzo di questo tipo.
Per i lettori ipovedenti poi tutti i vantaggi del poter cambiare la risoluzione del testo e quindi di non stancare gli occhi. Stando per anni tra gli scaffali di una libreria so bene quanto richiesti siano libri con caratteri grandi che permettano una lettura migliore. In questo caso ognuno può scegliere la propria grandezza di visualizzazione, senza così dover perdere il piacere di leggere o magari di doversi affidare ai (pochi) audiolibri in circolazione.

Un e-book reader? Un tablet? Una piccola televisione portatile? Certo, tutto questo e anche di più, allo stesso prezzo con il quale acquistereste non più di 6 o 7 libri di nuova edizione.

Diavolo... la tecnologia! Anche io, alla fine, ho ceduto e il vero casino è riuscire ad averlo tutto per sé in casa, oggetto contesissimo, oggetto di liti furiose. Mica ne dovrò comprare due?

Per chi fosse un purista del libro esiste anche lo splendido Kindle PaperWhite

mercoledì 11 settembre 2013

tWtto il mondo tWitta Pizza!


venerdì 14 giugno 2013

Qualcosa sta nascendo...


Facciamo il punto da Gezi Parki

E' stato un continuo palpitare di emozioni quello che ci ha accompagnato in questi giorni, non facile fare il punto per gli amici che hanno deciso di seguire anche tramite me gli eventi di Istanbul.

Fossi un giornalista mi dovrei imporre uno sguardo il più laico possibile su quello che è accaduto e sta accadendo. Non esserlo mi permette di usare un linguaggio diverso per cui permettetemi la assoluta non professionalità della cosa, preferisco che il flusso di sensazioni scorra dalla mente alle dita e dalle dita a questa pagina.

Qualcosa sta nascendo... come si vede in questa splendida e originale foto scattata nella piazza insorta. 
Sta nascendo un sentimento comune tra i popoli dell'Unione europea, un link sempre meno sotterraneo di idee, movimenti, persone: l'emergere simultaneo di fastidi che possono tramutare in pensieri positivi, quantomeno di riconoscimento reciproco.

Ho sempre pensato e detto che alla sovranazionalità dei processi economici e di controllo possiamo rispondere soltanto attraverso la creazione di fitte reti di comunicazione, condivisione, scambi. Soltanto un gruppo enorme di persone che nasca abbattendo i confini di lingue e stati può reggere l'urto sempre più possente dei cosiddetti poteri forti.



Abituati come siamo a istanze dietrologiche molti di noi si sono spesso interrogati rispetto ai fatti di Turchia su chi vi sia dietro.

Io non credo che vi sia niente di più limpido all'orizzonte di quello che spontaneamente è successo nelle varie piazze turche e in quelle che, nel mondo, hanno riverberato con loro in questi giorni.
Certamente ci saranno stati e ci saranno ancora persone e gruppi che cercheranno di mettere il cappello sui fatti avvenuti o sfruttarli per scopi diversi da quelli per cui sono nati. Questo avviene sempre. 
Ma sta nella vastità dell'eco ottenuta la tutela che quello che è successo passi alla storia per come deve essere: la necessità di difendere i propri spazi urbani in maniera elegante e pacifica contro il potere costituito che cerca di spazzare le idee con la forza e la morte.

Detto questo ieri scadeva la deadline imposta dal Presidente Erdogan che imponeva ai manifestanti di lasciare immediatamente il Parco.
Si era fatto appello alle madri dei ragazzi in piazza affinché richiamassero i loro cuccioli all'ovile ma questo non solo non è successo ma, anzi, ha spinto le donne di Istanbul ieri sera a scendere anch'esse in piazza e costruire un cordone d'amore a protezione degli occupanti del Parco.


Ci sono stati ieri momenti altissimi di festa, con danze, canti, concerti... e c'è stato anche il momento del ricordo delle persone cadute, ad oggi 5 accertate, e di quelle ferite, incarcerate o torturate, lo ricordiamo più di cinquemila.


Tutto questo ha prodotto un'ennesimo summit notturno tra Erdogan e rappresentanti del movimento e degli artisti turchi impegnati nel difendere gli occupanti dal quale arrivano buone notizie.
Il presidente pare che abbia finalmente deciso di attendere la sentenza della corte sulla sorte del Parco, affidandosi come avrebbe dovuto da subito alla legge. Se la Corte decidesse di bloccare i lavori previsti che avrebbero spazzato via il parco cittadino allora la gente di Turchia avrebbe vinto; se invece venisse deciso per il proseguimento dei lavori allora il Presidente offrirebbe alla cittadinanza la possibilità di scegliere attraverso un referendum.

Questa sembrerebbe una vittoria totale del popolo di Gezi Parki, nella speranza che non sia soltanto un modo nuovo per allontanare la protesta dal circo mediatico che la sta riverberando in tutto il mondo a danno dell'immagine già precaria del governo turco.

Ad ogni buon conto qualcosa sta nascendo... dobbiamo credere e sperare che quello che è accaduto in Turchia, che sta succedendo in Grecia, che si riversa anche nelle strade della Gran Bretagna in vista del G8, sia la nascita di qualcosa di positivo, nonviolento ma duro nei propositi.

La speranza è che vinca 

L'amore ai tempi della collera...





mercoledì 12 giugno 2013

#Occupygezi

(nella foto una temibile oppositrice del governo Erdogan attaccata con i gas lacrimogeni)

Quando le democrazie si rivelano fragilissime.

Vengo da una lunga notte di notizie relative ai combattimenti in corso ad Istanbul, dove la polizia locale sta cercando di sgomberare il Gezi Park dagli occupanti.

Vorrei fare il punto della situazione per far comprendere anche agli amici che mi seguono di che cosa stiamo parlando.

La protesta, pacifica, era cominciata per impedire lo spostamento degli alberi del parco previsto dall'amministrazione. Bisogna tenere conto che Gezi rimane l'unico polmone verde del centro città. Si può quindi intuire come la natura dei protestanti fosse prevalentemente composta da famiglie gioiose e determinate a difendere un luogo di ritrovo e riposo per tutti.
Anche le restrizioni sull'uso di alcoolici in pubblico sono poi diventate motivo di protesta da parte di altri gruppi.

Quando la polizia ha cercato di sgombrare il parco, occupato da giorni, nel tentativo di favorire il lavoro previsto delle ruspe, si sono avuti i primi scontri, inizialmente poca cosa ma poi divenuti via via sempre più pesanti. Questo soprattutto perché a quel punto il Parco è divenuto un luogo simbolo dove riversare la protesta antigovernativa da parte di migliaia e migliaia di oppositori interni.

Quindi il parco rimane occupato ed oltre a famiglie e cittadini normali si sono aggiunti anche gruppi politici palesemente avversi al governo di Erdogan.

Tutto questo si è rivelato una miscela incendiaria che ha dato la stura alla temibilissima polizia turca di intervenire con i suoi soliti metodi sbrigativi e violenti.

Nei giorni precedenti la situazione è divenuta drammatica. Anche se la conta dei morti è ferma ufficialmente a quattro persone si deve temere che alcune altre uccisioni siano state tenute nascoste per evitare il disastro mediatico che già sta minando l'immagine del governo turco.

Per comprendere meglio quanto sia teso il clima e quanto pesante il modo di stimolare gli agenti antisommossa bisogna aggiungere che durante questi ultimi giorni si sono avuti ben sei suicidi tra le fila degli agenti di polizia. Immaginate quali e quante pressioni possano aver subito per arrivare a questo gesto estremo.

Amnesty International sta seguendo il più attentamente possibile la situazione, ma tutto è diventato molto meno chiaro quando ieri mattina, all'inizio del nuovo tentativo di sgombero della piazza antistante al parco e del parco successivamente, sono stati contemporaneamente arrestati in blocco ben 73 avvocati che stavano esercitando il loro compito di tutela dei protestanti, ben arroccati nel Court cittadino. Gli avvocati sono stati prelevati di forza dal tribunale, trascinati in camionette e portati via.
Questo è stato il segnale che tutte le tutele minime garantite stavano saltando.

Amnesty al momento sta lanciando appelli pesanti affinché qualcuno del governo faccia luce su alcuni punti fondamentali che devono essere chiariti:
- quanti feriti si sono avuti in questi due ultimi giorni di scontri e soprattutto questa notte, violentissima?
- il numero delle vittime accertate va aggiornato?
- possono essere confermate le molte denunce di torture e addirittura di stupri compiuti all'interno delle carceri dove gli arrestati sono stati condotti in queste ultime ore?
- quante persone rimangono attualmente in stato di fermo?

Nella notte si sono avuti anche importanti scontri ad Ankara, dove una folla di migliaia di persone si era radunata per le strade in solidarietà agli amici di Istanbul e dove già nei giorni scorsi si erano avuti altri pesanti focolai di protesta.

Continuerò a tenervi aggiornati il più possibile, ringraziando anche pubblicamente Marta Ottaviani, giornalista de La Stampa, unica o quasi fonte ufficiale all'interno del Parco che attraverso i suoi Twit (https://twitter.com/martaottaviani) ci sta tenendo informati in maniera molto professionale e coraggiosa.

Gli amici turchi già prima dell'escalation della situazione ci hanno segnalato che non si sarebbero fidati dei media nazionali, impegnati come spesso accade in questi casi a minimizzare o deviare rispetto al vero flusso di fatti in corso.

Noi non possiamo fare molto se non supportare seguendo, amplificare le voci di chi chiama aiuto da Istanbul e ritwittare indietro a chi ce lo chiede quello che sta veramente accadendo.

Speriamo che almeno così le persone anche negli altri paesi aprano gli occhi e non rimangano nell'ignoranza dei fatti e che loro, i protestanti, possano vedersi attraverso i nostri occhi senza il filtro di chi vuole farli sentire isolati e soli.

domenica 9 giugno 2013

Un viaggio che è un viaggio.


Lentamente

Quanto ho corso
dietro alle aspettative
al palpitare di futuri migliori.

Ho lasciato dietro paesaggi eterni
sicuro di ritrovarli in seguito
quando sarei tornato ricco
di una soddisfazione mai trovata.

Quanto ho corso
nella vana speranza che vi fosse un posto
dove poter raccontare
che la fatica mi aveva donato gioia.

Nessun luogo è lontano
quanto quello che non esiste.

Sono sceso dalla giostra
più conscio degli inganni.

Sono salito su due ruote
e pedalando senza meta
ho finalmente raccolto il percorso in me.

Adesso viaggio lentamente
mi guardo attorno
e non mi lascio sfuggire che anche il più umile petalo
non sarà lì ad attendermi oltre.

Quello che cercavo nelle parole degli altri
era caduto a terra,
e stava marcendo senza che l'avessi raccolto.

Leonardo

martedì 4 giugno 2013

Battiti d'ala.


Battiti d'ala.

Un caleidoscopio di idee affollano la mente
frullate dai dubbi e le incertezze
si aggrumano sul fondo del pensiero
e bloccano la voglia di dire e fare.

Potrei provare a cantarvi il mondo che vedo
o strimpellare sghembo qualche nota dolce
potrei cercare rime che risuonino pulite
o disegnare sulle mura dei vostri occhi.

Ma ho voce rotta dalla rabbia
ho mani tremanti di furore
ho lingua impastata dal livore
e mai riuscii a muovere matita in forme.

Quindi, reciso, punto alla meta
                        [il vostro cuore]
lanciandomi nel vuoto
volando oltre ogni senso conosciuto.

Finalmente liberato da pensieri
responsabilità e odii accumulati
risalgo le correnti ascensionali
e sopra le nuvole esplodo come nova
in parti uguali verso le vostre case
dove mi poserò leggero ad imbrunire i tetti
riecheggiando con un lieve toc
il mio ultimo colpo d'ala.

lunedì 27 maggio 2013

Quello che la legge non percepisce.


L'altro giorno, girando con le bambine nel parco, ho incontrato una vecchia amica. Non importa il suo nome, neppure se sia davvero una donna o meno... voglio soltanto raccontarvi la sua storia.
Quando eravamo giovani studiavamo musica assieme. Lei era una tipa esplosiva: l'energia fluiva dai suoi occhi così come dalle sue mani. 
Quelle che per me ed il pianoforte erano salite impervie, strade montane faticosissime e tortuose, per lei erano autostrade spianate, viaggi lievi. Un talento naturale.
Le nostre strade ad un certo punto si sono divise. Io alla ricerca dell'interpretazione più intensa che potessi, con i limiti di una tecnica che non avevo, lei strappando tasti alla velocità della luce, anche se non toccava corde dell'anima che mi rapissero; io infilato fino al collo nella musica da camera, amplesso di gruppo meraviglioso, lei solista indefessa, sola con la sua tastiera contro il mondo.

E poi...

E poi la vita. Le strade si allontanano, come spesso accade ci perdiamo di vista. Notizie quà e là... "E' andata a vivere a Londra, si è sposata con un brasiliano...", "no, è tornata, divorziata".

Poi, tempo dopo, molto tempo dopo, molto dopo la musica, per capirci, la incontro per le strade della nostra città. Siamo tornati al punto. Io che non mi son mai mosso e lei che girando il mondo è tornata a casa. 
Mi sembra spaurita. Quell'energia che le riconoscevo, svanita. L'occhio un po' annacquato, lingua impastata, pensieri deboli e lenti... parole piantate nell'aria come rampini a cercar presa.

Me ne faccio una ragione, in virtù del fatto che comunque le persone vanno e vengono e che malgrado la mia forma grave di empatia non posso farmi carico di ogni male del mondo.

Ed eccoci al parco. Zona altalene. Le urla felici dei bambini ed il cigolio delle tre altalene asincrone guidano alla felicità di una domenica normale.

La vedo. Sta spingendo il suo bambino. Adesso ne ha tre, non so bene quando siano saltati fuori ma poco conta.

Mi avvicino e l'abbraccio, così come se ci fossimo salutati ieri per rivederci il giorno dopo. Nessuna parola, prima. 
Quell'abbraccio le offre lo spunto per parlare. E così mi racconta che la sua testa, a un certo punto, ha detto "off". Si è spenta. Ha smesso di funzionare correttamente. 
So cosa voglia dire. Ma quello che è successo a lei non è stato di perdere il controllo del volo e cercare un atterraggio d'emergenza ma più o meno controllando il mezzo. Lei è proprio caduta. Fracassata al suolo.

La sua mente ha detto off senza sé e senza ma. E adesso alla sua dieta di essere mangiante ha dovuto aggiungere un cocktail di pillole pauroso. Roba che ti tiene semi-addormentato per ore, che ti fa dolere i muscoli, che ti spappola il fegato, ti annebbia la vista, toglie le parole. Ti tiene in vita ma in cambio ti tiene ostaggio. Sei vivo ma rapito.
Sei vivo ma sei quasi morto. 
O almeno lo sei per la società. Perché a chiamare malattia la tua malattia sono soltanto quei medici che fanno paura: psichiatri, psicologi, psicanalisti, psicoqualsiasi cosa...

Non puoi permettertelo. Perché se hai la sfortuna di inciampare in una malattia come la leucemia, il cancro, il diabete sei un "poverino mi fa tanta pena ma lo voglio aiutare, guarda quanto coraggio ha...".
Se invece ad ammalarsi è la tua testa sei un parìa. Un escluso.

E così ti fai una ragione delle cose. Che il mondo non ti vuole. Che tuo marito sta con te ancora non sai per quanto. Che non puoi lavorare a lungo e quindi nessuno ti vuole. Che non sei affidabile. 
Rischi anche che ti tolgano i figli. Ultima cosa al mondo che ti resta. Ultimo barlume di luce che ti permetta di vedere...

E così mi racconta di essere stata riconosciuta invalida all'85%. Le spetterebbe un lavoro secondo quella legge che prevede che ogni azienda con un tot di impiegati abbia almeno X assunti per le categorie protette.
Eh ma la stessa legge prevede che se l'azienda non assume in quel caso scatta la multa. Una multa pecuniaria risibile, vergognosa, la maniera per uscire dalla coercizione della legge in maniera pulita e senza trauma.

Mi dice che esce un bando per le categorie protette ogni sei mesi nella nostra zona. E che se ne uscisse uno prima in una zona diversa dalla sua dovrebbe rinunciare alla misera pensione di invalidità che ha per andare a sperare di essere assunta altrove.

Vive sulle spalle della pensione di invalidità del padre. Malato di Parkinson.
"Fin quando è vivo lui e mio marito riesce a tenere quel part-time che ha campiamo... ma dopo?".

Non vado oltre. Fa troppo male. Non posso raccontarvi lo sguardo con la quale mi ha detto queste cose. Mentre spingeva il bambino. Fino a quando le permetteranno di tenerlo.

Mi dice che riesce benissimo a fare lavori di ufficio: segreteria, centralino, appuntamenti. Lavora bene al computer...

Quello che vorrei è che la legge in questo Paese fosse sincera. O non fosse proprio.

Una legge seria in questa disciplina dovrebbe recitare che sé l'azienda che ha tot dipendenti non assume X dipendenti nelle categorie protette deve pagare la multa nell'ordine di una volta per ogni sede che abbia sul territorio italiano. E l'anno successivo se non si è messa in regola come penale dovrà pagare 10 volte tanto per ogni sede sul territorio... e così via.

Fino a quando capiranno che costa troppo. E guardandosi attorno troverebbero sicuramente uno dei migliaia di inutili manager, buyer, capiarea, capi canale, progettisti marketing che costano cinquanta volte quello che costerebbe una centralinista, segretaria, di quelle di una volta che servono molto ma non suonano più bene.

In un mondo perfetto, una legge così troverebbe lavoro a questi malati veri... e metterebbe a casa un po' di cialtroni che stanno distruggendo le nostre aziende costando tantissimo e producendo zero.