venerdì 11 ottobre 2013

Un gran bel Premio Nobel per la Letteratura.


Che bello questo Nobel alla Letteratura 2013... edificante premio ad una carriera splendida di narratrice per Alice Munro. Ne sono felice perchè gli ultimi premi assegnati avevano un sapore di ricerca troppo esasperata. Non voglio entrare nel merito della qualità dei nomi scelti o delle motivazioni che hanno spinto a premiarli, reputo soltanto che un Premio così importante debba tener conto anche degli effetti che determinata letteratura ha lasciato sul panorama mondiale.

Alice Munro sicuramente ha saputo rinverdire la forma racconto, riportarla ai fasti del passato pur scegliendo un registro vocale assolutamente distintivo e innovativo.
L'autrice canadese ha sempre offerto ai propri lettori pagine genuine, dettate da una necessità di raccontare piuttosto che da quella di piacere. La sua scrittura ha sondato l'animo umano partendo dal punto di vista della vita di tutti i giorni, scandagliando nei gesti quotidiani, quelli che contraddistinguono un'esistenza e che raramente sono oggetto di narrazione.

Al centro dei racconti dell'autrice non c'è una metafora della vita o la ricerca di una morale, non si tratta di libri "istruttivi" ma di libri sulle persone. In un gioco come di palle di biliardo la Munro analizza gli effetti e le cause dei movimenti di anima tra i suoi personaggi: le pulsioni, le necessità, i desideri, ma anche la noia, la disperazione e poi la rinascita, il miglioramento.

I suoi personaggi, mai banali, procurano spesso una forte identificazione con il lettore perché analizzati con bisturi invisibile nel loro agire giornaliero, normale, pazzamente, disperatamente o felicemente normale.

Non troverete voli pindarici o alchimie strane nei suoi libri. Troverete vita allo stato puro, semplice nella sua complessità eppure così reale da uscire dalla pagina in maniera indelebile.
Anche i titoli dei suoi libri, così come quelli dei suoi racconti, sembrano volutamente normali, come se cercare qualcosa di altisonante turbasse l'equilibrio di un ecosistema dove tutti gli elementi trovano il loro posizionamento senza sforzo. 

Sono felice infine perché molti narratori navigano anni, alla ricerca di un registro, di un tempo di narrazione che non trovano. Si sente spesso l'inadeguatezza del mezzo che scelgono per raccontare. La Munro  invece è ben conscia di riuscire nel breve, di saper trasmettere cose importanti senza la necessità di una struttura pesante, articolata. Malgrado la forma racconto fosse riconosciuta - non si capisce perché - come una forma di letteratura minore o comunque meno importante, la Munro non ha mai ceduto ai dettami del commercio ed ha proseguito secondo la propria propensione e le proprie capacità, riuscendo in questo a dimostrare anche grazie a questo Premio ma non soltanto, come attraverso il racconto si possa lasciare un segno indelebile nel mondo.

Proprio recentemente Mondadori ha pubblicato lo splendido volume dei "Racconti" nella collana dei Meridiani

I suoi libri più famosi ed amati in Italia altrimenti sono
- "Nemico, amico, amante...", edito da Einaudi: una serie di nove racconti di tipo familiare, dove emerge una spiccata sensibilità femminile che serve a sottolineare come nei rapporti umani, qui pacati, riservati, quasi intimi, si riesca a cogliere un senso di meraviglia anche da ciò che apparentemente è normalità. Si trova nella narrazione un senso quasi chirurgico della descrizione dell'ambientazione, dell'osservazione della scena dove si svolge l'azione. Il racconto che dà anche il titolo alla raccolta parla di una giovane cameriera, tratta in inganno da un malevolo scherzo di due bambine che attraverso una falsa corrispondenza le fanno credere che un uomo sia innamorato di lei al punto da convincerla a lasciare tutto, fare i bagagli e partire per raggiungere l'uomo in un luogo remoto. Arrivata a destinazione la donna capirà che le cose non stanno come immaginava ma, non doma, cercherà comunque di "prendere possesso" dell'uomo che ormai immaginava come compagno di vita.

- "In Fuga", sempre edito da Einaudi: raccolta che prevede otto storie di donne, mirabilmente gestite. Raramente si trova una così ben distribuita dose di completezza in una raccolta di racconti. Otto vite completamente slegate l'una dall'altra eppure così intrinsecamente collegate da un invisibile filo comune ci offrono l'opportunità di entrare nella mente delle protagoniste e vivere da quella posizione privilegiata lo svolgersi degli eventi. Molto coinvolgente, sicuramente uno dei capolavori della letteratura contemporanea.

- "Il percorso dell'amore", Einaudi: In questo libro... l'amore. Non bisognerebbe aggiungere altro. Il leit motiv della raccolta è proprio il sentimento più complesso e articolato che si possa provare e l'autrice approfitta dei suoi personaggi per raccontarne le infinite sfaccettature riuscendo, davvero mirabilmente, a non essere mai scontata ma sempre piacevole e profonda su un tema sul quale sembrava esser stato scritto già tutto. I racconti sono così dettagliati, così vissuti dall'interno delle situazioni da non essere descrivibili, tanto sono intimi e partecipati. Una lettura che consiglio davvero tanto.

- "Il sogno di mia madre", sempre edito da Einaudi: Posso dire di questo libro quel che mi ha provocato dentro. E' come se mi fossi reso per la prima volta conto di quanto la letteratura avesse attinto, nelle mie precedenti letture, a qualcosa di volontariamente voyeristico, di forzatamente straniante, esagerato. Quello che colpisce al cuore di questo libro invece è la semplicità, all'interno della quale si cela in realtà un ecosistema così complesso e benefico da risultare davvero salvifico. Non c'è finzione nei personaggi inscenati dalla Munro, esiste soltanto la vita, a tutto tondo. Ho amato questo libro perché l'inafferrabilità dei concetti che vuole esprimere rappresenta in realtà la nostra incapacità di comprendere fino in fondo anche le nostre reali necessità, i nostri desideri e le nostre possibilità nel mondo. La Munro ci accompagna come se volesse rassicurarci, tra le sue pagine specchio, dove troviamo noi stessi e riconosciamo, ma con tranquilla onestà, i nostri limiti terreni.

Voglio chiudere con una nota importante. Alcuni hanno paragonato il nuovo Premio Nobel a grandi scrittori di racconti del passato come Cechov o Flaubert; non penso di avere gli strumenti per fare altrettanto. Mi limito a dire che quando una scrittura è così lieve e contemporaneamente così coinvolgente è impossibile non pensare di trovarsi difronte alla grandezza.
Il punto di vista, specificatamente femminile, non tragga d'inganno i lettori uomini. Anzi... il mio consiglio, nell'eterno tentare di capire di più sull'altra metà dell'universo, è provare ad utilizzare queste storie meravigliose come una chiave di lettura in più per comprendere quanto profondo sia il pensiero femminile. Anche quello che nascondiamo, da ometti, ben custodito dentro di noi.

Buona lettura...



3 commenti:

  1. Non amo in particolare la forma letteraria del racconto e forse per questo non ho letto Alice Munro, se non a eccezione di un libro che mi è stato regalato recentemente (e non a caso) e che ho trovato bellissimo. Si intitola "Chi ti credi di essere?" e si tratta ancora di racconti, ma legati in un romanzo che si incentra su una figura di donna, Rose. Lei cambia nel tempo (e nei racconti) in relazione alle persone che di volta in volta le diventano intime, in un gioco continuo di proiezioni di identità. Eppure rimane anche fedele a se stessa. Noi siamo gli intrecci relazionali che creiamo: un concetto complesso che riesce a rendere chiaro, quasi disarmante nella sua evidenza,nel dipanarsi delle pagine di questo libro.

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  2. Grazie prof, quello che dici rappresenta un po' lo sfondo sopra al quale tutte le narrazioni della Munro (questa manca a me)
    Quello che è davvero incredibile è come a volte riesca ad esplicitare sensazioni che tenevo ospite ai margini del pensiero conscio, lasciandomi assolutamente esterrefatto. Si tratta di un dono che ho ricevuto da pochissimi autori...

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  3. Incuriosita dal premio Nobel ho letto "Nemico,amico, amante" e l'impressione che ne ho avuta è stata decisamente positiva, ho ritrovato in questa matura scrittrice le ambientazioni tipiche di una realtà americana degli inizi del novecento grigie, un po' depresse, dove i personaggi vivono quasi ai margini di una società gretta e squallida. La povera ragazza cameriera di una strana famiglia, bruttina e insignificante si trova a vivere una storia d'amore inesistente ma che alla fine diventerà per lei una realizzazione di vita altrimenti destinata alla solitudine. La differenza con lo stile realistico americano forse è data proprio dalla sensibilità della scrittrice donna che lascia spazio ad una qualche speranza seppure in un'atmosfera di totale decadenza.

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