martedì 29 luglio 2014

Una giornata surreale... (ed un pensiero forte)


Una giornata surreale. Strana. Sta scivolando via, ora dopo ora, limacciosa come un ruscello di pioggia in collina.

I rumori del silenzio della casa. Quell'impalpabile vuoto.

Oggi sono nove anni da quella notte in cui, ebbro d'emozione e fremente di aspettative, presi in braccio per la prima volta dopo pochi secondi in cui era entrata nel mondo la mia piccola luna elfica...

Ieri sera, come incanto beffardo del tempo, mi sono svegliato nella notte attorno alle tre. Era proprio a quell'ora che tanti anni fa Nicoletta si affacciò alla vita: bianca come la luna; delicata come un petalo raccolto da un fiume; profumata come una notte di libertà e di vento.

Non pensate niente di male, per favore. Queste righe sono vergate tra le costole scoperte di una malinconia sottile, acuminata... ma serena.

La mia piccola "rospa blu", come la chiamo io, è al suo primo campeggio scout.  La più piccola tra le piccole, cucciola coccolata da amiche più grandi che se ne sono subito innamorate.

E però le regole di questi campeggi estivi recitano "nessuna comunicazione con i parenti a meno che non ci siano problemi".

Facile a dirsi e a farsi se non tocca a te. E soprattutto se non tocca proprio nel giorno in cui lei compie gli anni.

Che sensazione strana: il primo compleanno che passa lontano da noi. Pensavo che questo momento sarebbe arrivato tra qualche anno, ma gli eventi hanno anticipato tutto.

Niente di male amici. Solo un papà d'altri tempi, romantico e sentimentale, che manca di un abbraccio che desidera, che è vuoto di un sorriso che voleva.

Che giornata surreale. Di pioggia, di vento, di estate assente.

Ma un pensiero forte. Fortissimo.

L'amore.

articolo di Leonardo Vannucci (lioklingo@gmail.com)

venerdì 31 gennaio 2014

Ciechi...

(Photo © by Snowblind6 Photography on flickr)

Siamo ciechi...
Non ci bastano il tempo, le cose, le persone. Scivoliamo sopra ai giorni come se fossimo su onde. Le città sono piene di particelle impazzite che si muovono incostanti, che cozzano l'una contro l'altra provocando scissioni di pensieri, dispersioni di attimi, fuggire di colori.

Ci attacchiamo alle notizie per sentirci vivi mentre sono loro che mangiano noi, ci inghiottiscono, fagocitano nella loro rutilare e nella nostra incessante e vuota curiosità senza alcun fine. Respiriamo a fatica. Ansimiamo. Ogni cosa ci crea caos, stress.

"Fuggire" è la parola che ascolto più spesso. 

"Andiamo via. Scappiamo. Cerchiamo un altro posto."

Ma esiste un altro posto? Perché ho come l'impressione che il posto più corrotto sia in noi e che quindi ovunque si vada la battaglia sia persa.

Dovremmo toglierci le bende dagli occhi, dalla bocca, i lacci dalle mani, le catene dai piedi. Dovremmo ricominciare ad annusare l'aria, a toccare le strade, a guardare la gente, a parlare, parlare, parlare...

Ogni tanto faccio appello a me stesso. Mi fermo nel buio delle stanze della notte e cerco di ritrovarmi tra le spire del tempo che scorre. Mi sento scivolare dalle mani dei giorni come sabbia irruenta e calda. Mi scopro informe come l'acqua, adattabile a tutto ma senza una sede certa, un luogo di sosta: una casa.


Ogni tanto faccio appello anche a voi, come se dalle vostra parole potesse uscire qualcosa di salvifico. Investo su di voi la ricerca della mia via di fuga, ben sapendo che ognuno ha la propria.

Eppure sono convinto che un gesto anticonvenzionale, un attimo di pausa tra i rumori di fondo, stringersi le mani l'un con l'altro in mezzo al caos di una città... e aggiungere sempre qualcuno e poi qualcun'altro e ancora fino a riempire una piazza, le strade attigue, tutta la città di persone che si tengono per mano e che provano a sentire insieme... Sono convinto che basterebbe un attimo di commozione e non di partecipazione passiva per aprirci alle lacrime. Un fiume bellissimo e curativo.

Invece continuo a vergare parole su schermo come se potesse servire a trovare una strada diversa.

Forse questi monitor dai quali ci affacciamo sono davvero una nuova piazza dove incontrarci, o forse ancora sono prigioni dove ci siamo rinchiusi definitivamente.

Perché quando si spegne anche questa voce lontana, fatta di bytes e numeri, l'aria attorno a noi viene di nuovo risucchiata via e come sottovuoto rimaniamo avvolti nel niente, sperando di essere ancora qualcosa.

Siamo ciechi. Andiamo a tentoni cercando qualcosa che le nostre mani riconoscano. Dove siamo, infine?

Dove siamo, amici miei?

© by Leonardo Vannucci (lioklingo@gmail.com)

giovedì 30 gennaio 2014

Volare bassi...


"Volano bassi", si dice dalle mie parti per descrivere di qualcosa che potrebbe nuocere alla salute a livello lombare...

In questo caso a volare basso sembrerebbero i famigerati F35, circondati sempre più da notizie funeste che appaiono sui vari media.

Ah quanto ci costò l'averli amaa-aa-ti. Tanto. Troppo. Con i soldi di questi caccia che perdono acqua da tutti i fori avremmo potuto fare tante tante cose importanti:
- Abbassare le tasse
- Migliorare i servizi
Migliorare le infrastrutture (e Allah sa quanto ci servirebbe)
- Investire in formazione e ricerca, nodi cruciali per un paese sano.

Qualcuno mi darà del demagogo. Ma guardiamoci nelle palle degli occhi. Possiamo paragonare anche minimamente l'investimento richiesto a quanto ritorno ipoteticamente dovrebbe avere la nostra nazione da questa operazione? Non contiamo il miliardo di Euro annuo che se ne va già per l'altro caccia, quello europeo: il Typhoon. 
E' vero, sono soldi della Difesa, ma la ricollocazione delle risorse di un Paese spetta alla politica. E se la questione sociale, infrastrutturale, economica di una nazione versa in condizioni vicine al disastro è compito della politica spostare denaro da un settore all'altro: non ci interessano i ragionamenti intermedi.

Consideriamo la Difesa. Che nome gentile "difesa". Quanti attacchi abbiamo ricevuto in territorio amico negli ultimi anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale in poi? Non si contano... quasi quotidianamente stati nemici si riversano sulle nostre coste e assaltano le nostre città più ricche.
Ok, nessun attacco.

E allora? Questi caccia noi li usiamo per la difesa-attacco, quasi fossimo la mitica Olanda di Cruijff: "caccia-totale".

Francamente sono stufo di ascoltare ogni giorno paranoie politiche sulla difficoltà di riuscire a tagliare per rinforzare segmenti economici in difficoltà. 

Niente.

Aumentano le tasse, dirette ed indirette; si cancellano programmi di lunga veduta (energie rinnovabili); si continuano a martoriare la Scuola e l'Università, non parlando della Ricerca. Nessun meccanismo all'orizzonte per favorire il rinforzamento del comparto lavorativo se non una serie di simpatiche slides da parte di MAHtteo Renzi che non prevedono atti concreti, coperture, mazzi e cazzi. Uno stillicidio continuo...

Le decisioni su questi volatili pesanti sono state prese, gli impegni sono in atto, nulla che questo mio stupido post possa anche soltanto minimamente spostare.

Eppure ritengo cruciale che ognuno di noi abbia ben chiaro come sono stati investiti i nostri denari. Quanto NON si sia fatto per noi ma quanto NOI si sia contribuito a fare con il nostro lavoro quotidiano.

E' nell'urna che dovremmo ricordarcene. Ma tendiamo ad essere un popolo smemorato. Tutti a Collegno!

Questi sono i caccia che vorremmo favorire in Italia. Quelli che su Google+ ho chiamato "CaccaBombardieri"... 

Continuiamo a sorridere molto amaramente ogni qualvolta arriveranno aggiornamenti su quanto questi F35 siano inaffidabili, da correggere, insostenibili e quanto meno lavoro rispetto a quello previsto creino.

Continuiamo a farci male senza aprire mai bocca. 

Personalmente, da quando la scellerata decisione di partecipare a questo progetto faraonico e inutile è stata presa, non riesco più a guardare negli occhi nessuno dei nostri politici nazionali che ha governato senza aver voglia di vomitare. 

Ogni loro parola o carezza virtuale mi trova indifferente.

Abbiamo i Caccia in produzione, alleluja... ma volano proprio bassi. Ad altezza lombi. Nostri...

mercoledì 29 gennaio 2014

Lavastoviglie come metro di giudizio...


Dunque, capisco bene che riaprire un blog parlando di lavastoviglie sia l'equivalente di cominciare ad allenarsi per la maratona guardando "Ballarò". Ma sono intricato e quando ho bisogno di dire qualcosa lo dico.

Ci sono molti metri di giudizio per una corretta valutazione delle differenze uomo donna.

Eccone alcune:

- Quando mia moglie prepara la lavastoviglie riesce ad ottimizzare nell'angusto e maledettissimo spazio almeno cinque volte quello che riesco a piazzarci random io. Io mi incaponisco come con il Tetris, come con il Gioco del 15, ma non riesco assolutamente a mettere più di tre piatti, sei forchette, un bicchiere, due tazze. Il resto sono spazi inutilizzati che neppure Euclide riuscirebbe a riempire a meno di non comprarsi stoviglie elicoidali. Questa l'immagine tipo di una lavastoviglie ben fatta...


- Quando mia moglie prepara un dolce il piano cottura è intonso anche durante la preparazione, non spreca materiali, i profumi si spargono per la casa immediatamente e tutto suona molto come "Masterchef" o checcazzo... Quando cucino io il Libano degli attentati hezbollah sembrerebbe un luogo più preciso, rovescio sistematicamente il 40% dei prodotti che devo utilizzare (per la gioia dei gatti bulimici) e gli odori che si diffondono per la casa sono mediamente gomma bruciata, cavallo affumicato, aliquota IRPEF aumentata.

- Quando mia moglie rifà il letto con tre abili mosse da prestigiatore tutto si dispone in maniera geometricamente ineccepibile. Addirittura nel momento in cui lancia in aria un lenzuolo si spande per la casa l'inequivocabile odore di santità al gelsomino. 
Quando io tento di rifare il letto ci metto tra i trenta e i cinquanta minuti, i gatti decidono istantaneamente di salire sopra a metà dell'opera e quando lancio a caso il lenzuolo normalmente dirigendolo verso il comò spargo in aria un numero così elevato di polveri sottili e acari mannari da costringere il mio comune ad attuare immediatamente le targhe alterne.

- Quando mia moglie deve preparare le nostre bambine per la scuola al mattino o per la nanna alla sera si trasforma in Mary Poppins o Tata Matilda. Le discolacce diventano bambine da pubblicità, annuiscono, si muovono all'unisono come nel nuoto sincronizzato e si predispongono alla giornata o al sonno con una serenità incontenibile.
Quando io cerco di vestire le bambine normalmente metto la sveglia due ore prima, comincio col metodo "Full Metal Jacket", urlo e sbraito come un normalissimo calciatore farebbe per un rigore negato, minaccio sberle, calci e rappresaglie alle bambole ottenendo soltanto un loro movimento caotico non meno di quello delle particelle subatomiche studiate al CERN. Grida si levano da ogni angolo della casa, i vestiti cozzano in colori e forme, i capelli si riproducono frattalicamente impedendomi di domarli in qualsiasi maniera e arriviamo a scuola o andiamo a letto sempre con almeno mezz'ora o un'ora di comporto.



- Quando mia moglie parcheggia in una mossa è a posto. ZAC...
Quando parcheggio io sembro una GIF animata che va avanti e indietro fino a quando qualcuno non fa "SALVA CON NOME".

- Quando siamo a cena basta una parola ben indirizzata e con il tono giusto e mia moglie riesce a far mangiare le pargole assassine con la foga di chi è appena uscito dal Ramadan.
Quando io provo a far mangiare loro anche la cosa più buona del mondo incorro in schizza di sughi ovunque, tovaglie accartocciate, bicchieri UFO volanti per la casa e praticamente quasi tutte le pietanze che rimangono abbandonate sull'autostrada della vita.

- Quando mia moglie va a letto... mi sento un uomo migliore e mi godo quell'ora prima di raggiungerla con un senso di profonda stima in me stesso. Poi però il ciclo infinito ricomincia e torno ad essere utile come un cucchiaino nello champagne...

© by Leonardo Vannucci (lioklingo@gmail.com)