venerdì 5 ottobre 2012

Making of...


 Vorrei...
Se la voce reggesse canterei alla luna.
Troppe sigarette. Spengo l'ultima della sera.
Ma chi prendo in giro? Già frugo nella tasca.

Ho percorso questo sentiero lungo il mare così tante volte che mi stupisco ancora di trovarlo ogni volta diverso. Un bacio di vento... un lampo di luce riflessa, il gioco delle maree. Il panorama lo riconosco ma sfugge. Si nasconde nelle pieghe del ricordo.
Una donna siede su una panca con gli occhi lontani. Segue navi che non solcano le acque. Sposta, lenta, una mano dall'altra e scorre il legno verso l'esterno con un gesto tenero a passo lento, come carezza a un figlio. Volge un po' il capo nella mia direzione e poi torna a fissare l'orizzonte. I suoi capelli raccolti raccontano di un tempo che forse vuole fuggire.
Accelero, non voglio fermarmi a pensare. Devo rimanere lucido e mantenere l'idea che ho. Tornare alle parole. Fissarle purificandole. Abbassare, alzare, ginnastica della mente.

Un ragazzo si avvicina alle spalle di una biondina che immagino bella. La cinge da dietro con leggerezza. Lei alza il braccio destro e corre alla sua nuca, rimanendo voltata. Un bacio sul collo incornicia il loro avvicinarsi. Sento il calore di quel collo... sento il brivido di lei.
Ne accendo un'altra... concentrati!

Il mare non suona stasera. La spianata di scogli è immobile. Ecco! Manca il vento, la colonna sonora delle onde. No, cazzo... senza vento sono perduto. Mi scaglia fuori le parole, incollate a questa testa che non va.
Un ragazzo mi corre accanto energico. Il passo è rapido, il tono muscolare invidiabile. Dove corri, dove corri... e io non trovo le parole.

Se la voce reggesse canterei la mia rabbia.
Allora, la storia si svolge in libreria bla bla bla, ok, io lavoro e c'è questo bambino che passa le giornate da me e sfoglia e sfoglia libri su libri. Bene. Poi cose e altre cose e a un certo punto mi rendo conto di non averlo mai sentito parlare. Devo trovare il modo di raccontarlo come si deve, questo è importante.

Una ragazza siede sul motorino in quel modo scomposto che solo da queste parti rende degli esseri apparentemente angelici così volgari. Le sue gambe rivolte verso di me sembrano offrire paradisi che non mi interessano. Il seno trabocca da ogni apertura di quella camicetta. Troppe aperture, troppo seno. La bocca malamente truccata, il capello fintamente scomposto. E fuma male. Fuma storto, come di chi non sa fumare; non fuma e si atteggia. Vorrei fosse mia figlia per volere che non lo fosse.

Il bambino quindi non parla, interessante, verte tutto su questo. E piano piano bla bla bla cerco di capire chi sia. Mai accompagnato da alcuno. Non l'ho mai notato entrare, mai uscire. Ma d'altra parte lavoro e lavoro e lavoro. Su questo soprassiedi, fraintendono.

La ragazza mi rivolge uno sguardo. Traduco: “Non mi guardi per niente affamato, sei gay?”. Vorrei sculettarle davanti ma alla fine sono un uomo e mi piace che pensi che io possa pensare a lei su quel cazzo di motorino, sguaiata ma selvaggia.
Non mi piace la volgarità piccolina! Fossi in te aspetterei un paio d'anni. Ma tanto lo so che questo lungocosta trasuda di ormoni impossessatisi di corpi in cerca, in cerca... eternamente in cerca senza capire che tutto sta da un'altra parte. Che l'amore non è una corsa. L'amore è un'analisi lenta del testo, sfiorare ogni parola e metterla insieme a quella che la precede e a quella che la seguirà... ma checcazz...

Il bambino non entra e non esce. Non parla. Chi è?
Provo ad avvicinarlo sempre di più. Spiegare come e quando non so farlo. Devo trovare un escamotage per aggirare il problema facendolo capire.

Hanno chiuso la gelateria della Rotonda? Vabbè non è che fosse niente di che. Hai la fortuna di avere un posto dove vendere gelato che te lo comrperebbe anche un gelataio stesso... e lo tieni così. Ok, registra: gelateria chiusa. E intanto ti distrai. Io fumerei fossi in te. Non aiuta a concentrarti? Così ti vai dicendo da sempre per non smettere, coglione!

Entra, esce, non entra, non esce bla bla bla poi alla fine riesci a porgli la domanda giusta e ti risponde sibillino con una frase che sembra proprio l'unica risposta possibile. Non sembra adatta alla sua età. Ti entra il dubbio. Come spiegarlo un mistero... ci penserai.

Sono arrivato alla parte di balaustra che mi piace di più. Da qui si vedono i due golfetti divisi dall'istmo della Rotonda. Cerchi con lo sguardo l'ispirazione. Poveraccio, a cosa sei ridotto. Eppure una volta dovevi frenarle, le parole. Entravano così rapidamente nel tuo cono visivo che dovevi rincorrerle per fermarle. Eterna caccia. Una buona parte rimanevano nelle tue mani e le posavi lieve sulla pagina. Ti compiacevi pure, a volte. Poi strappavi, cancellavi... che macellaio!

A pochi metri da me una donna guarda dalla parte opposta rispetto alla mia. Mi volge le spalle solo un po' curve verso il mare. Tiene la gamba destra leggermente appoggiata dietro alla sinistra. La posizione come di un manichino d'arte, di quelli che disegni stilizzati. Eppure la sagoma è proporzionata. Le gambe escono precise da una gonnellina che sarebbe troppo corta se non fossero guantate da calze dello stesso colore.
Levati dalla mente la parola eleganza, che ti conosco, mascherina... il bambino?

Dopo quella volta riesco a parlargli ancora. E ancora. Ed ogni volta il dialogo è praticamente un monologo, almeno fino a quando lui non se ne esce con una di quelle frasi. Perfette. Ma chi diavolo sei? Devo sapere.

Chi diavolo sei bella che guardi lontano? Provo a intuire il punto in cui si fissano i suoi occhi e mi scopro a cercare di rubarle i pensieri.

Una volta credevo di essere empatico. Poi addirittura pensavo che fosse un dono di scrittore: scorgere un particolare apparentemente insignificante e trarne una storia.
Poi ho pensato che stessi costruendo soltanto mondi inesistenti. Di continuare a farmi male. Di suonarmi dietro addirittura la colonna sonora, in questa affannosa ricerca di vivere un film.

Il bambino se ne continua con delle frasi delle sue... ma qui dovrò infilarci qualcosa o stringare parecchio. Racconto breve, racconto lungo, romanzo breve? Ma che diavolo stai pensando! Almeno comincia a scrivere poi dove arriverà la strada lo scoprirai piano piano. Te lo chiedo per favore, ti imploro... quasi. Scrivi qualcosa e parti.

In quell'istante lei si volta. Mi sarei sentito osservato anch'io fossi stato lei.
E porca puttana no! Occhi così non vale. Né quel volto... affatto normale, inusuale... strano, ipnotico. Dio santo è bella no no no no...
Mi volto.
Il bambino, sarà meglio...

Un giorno spara un'altra delle sue sentenze e lì lo secco.
MCEWAN!!!
Ah, fregato bello!
Ian
Mc
Ewan...
Questa la so. “Bambini nel tempo”, Einaudi. Letto riletto riletto e...
riletto.
Bla bla bla corro a casa bla bla bla... cerco nella mente di ricordare dove ho sentito alcune delle sue frasi...

... cerco di ricordare dove ho già visto i suoi occhi.
Era un sogno. Di quelli dai quali non ti vuoi svegliare. Sai che son sogni, perdio, ma non puoi svegliarti. Non già. Non ora. Ancora un po'. La finzione la vivi tutti i giorni e finisce ogni istante. Almeno la notte, che duri!
Occhi negli occhi, adesso. Niente da fare sono preso. Un istante e via, maledetto me! Bam bi no bam bi no bam... bi... no...

Cerco su internet una delle frasi che mi ha detto, e poi un'altra e un'altra ancora. Cazzo. Sono tutte citazioni esatte dai libri. Questo fetente parla attraverso le frasi dei libri. Qui te la dovrai giocare bene perchè è un elemento parecchio interessante. E' il fulcro del racconto. Tutte frasi essenziali nel corpo del libro... nel corpo del libro... nel corpo...

... nel corpo suo si muove un'anima incredibile. Lo dicono gli occhi e quel mezzo sorriso che spezza le reni. Mi viene incontro.
Mi viene incontro?
Mi viene incontro.
Le vado incontro...
Sorride.

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“Hai da accendere?”
Come hai da accendere. Sono già acceso. E poi rovini il copione. Qui dovevi baciarmi saltando tutte quelle storie che non servono. Sappiamo già tutto. Lo dicono le onde che non ci sono, il vento che non c'è. Ci siamo solo noi ed i nostri sguardi che cercavano tutti e due quello che non c'è, che ci ricordavamo ci fosse, almeno quasi sempre. Baciami e chetati.

... tutte nel corpo del testo, le frasi.
E poi diventate amici, come son cazzi tuoi. Impari ad accettare che lui parli solo e soltanto così. Utilizzando alcune delle milioni di voci silenziose che accompagnano i tuoi giorni. Fino a quando le tue domande si fanno sempre più ficcanti perchè vuoi sapere e bla bla bla... e poi quella domanda. Quella semplice, necessaria, inutile domanda...

... “Hei? Ciao, hai da accendere?”, e ride. No... se ci potesse essere qualcuno in grado di costruire il perfetto contrappunto ai tuoi occhi, cara te, questo non sarebbe riuscito a pensare al tuo sorriso. Certo che ho da accendere ma rispondi al mio pensiero,
perchè
non
mi
baciebbasta. Ebbasta. Baciami.
Rispondi...

... rispondi bambino – qui costruisci il crescendo finale, rapsodico, violento tanto sai che il finale sarà una nota lunga in pianissimo... e lui risponde.
E questa volta
questa volta usa un finale. (finali belli ne hai segnati tanti, prendi i tuoi fottutissimi libri sottolineati e scegli uno che sciolga, su, falla finita!). Questa volta è un finale e bla bla bla... e poi...

... e poi dici “Sì, tieni”, come un corno che interrompe un assolo di oboe. Si, tieni.
Bastano queste due maledette parole per cambiarle l'espressione. Il sorriso si piega per muovere la bocca verso la sigaretta. Le sue mani che sognavi al tuo collo corrono a chiudersi a coppetta attorno al tuo accendino. E poi una boccata e si accende, la maledetta. Mai alla prima a me. A lei sì.
So che se ne andrà... so che se ne andrà...

... so che se ne andrà dopo questa frase. E' un finale d'altra parte. Inconsueto per lui. Per cui è inevitabile. Bla bla bla. E lo guardi voltarsi, piano, e camminare fuori dalla libreria, per la prima volta. La prima volta e l'ultima perchè il bambino che parlava con i libri non tornerà più. Mai più. Sapevi che andava... lo sapevi...

... sapevi che andava... lo sapevi.
Accesa la sigaretta ecco fugace, come ultimo colpo di coltello, letale, il suo sorriso apparire ai lati della sigaretta. Con una mano la raggiunge e la sfila sensuale. Il sorriso si spalanca come un'apertura d'archi nell'arioso centrale...
“Grazie”, inchinando leggermente il corpo come nel rinascimento.
Si trattiene soltanto un attimo sull'uscio dei miei occhi.
E se ne va.
Se ne va.

Ciao bambino che parla con i libri.

Ciao anche a te, bacio mai dato, occhi di sogno...

... ma d'altra parte le onde quel giorno riposavano, nessun vento le muoveva ed il gioco delle maree era stanco, come di fine estate.

Ed io non scriverò neppure stasera. Perso per un bacio e un bambino...
... che non vedrò mai più.