Vorrei...
Se la voce reggesse canterei alla luna.
Troppe sigarette. Spengo l'ultima della sera.
Ma chi prendo in giro? Già frugo nella tasca.
Ho percorso questo sentiero lungo il mare così tante volte che
mi stupisco ancora di trovarlo ogni volta diverso. Un bacio di
vento... un lampo di luce riflessa, il gioco delle maree. Il panorama
lo riconosco ma sfugge. Si nasconde nelle pieghe del ricordo.
Una donna siede su una panca con gli occhi lontani. Segue navi che
non solcano le acque. Sposta, lenta, una mano dall'altra e scorre il
legno verso l'esterno con un gesto tenero a passo lento, come carezza
a un figlio. Volge un po' il capo nella mia direzione e poi torna a
fissare l'orizzonte. I suoi capelli raccolti raccontano di un tempo
che forse vuole fuggire.
Accelero, non voglio fermarmi a pensare. Devo rimanere lucido e
mantenere l'idea che ho. Tornare alle parole. Fissarle purificandole.
Abbassare, alzare, ginnastica della mente.
Un ragazzo si avvicina alle spalle di una biondina che immagino
bella. La cinge da dietro con leggerezza. Lei alza il braccio destro
e corre alla sua nuca, rimanendo voltata. Un bacio sul collo
incornicia il loro avvicinarsi. Sento il calore di quel collo...
sento il brivido di lei.
Ne accendo un'altra... concentrati!
Il mare non suona stasera. La spianata di scogli è immobile.
Ecco! Manca il vento, la colonna sonora delle onde. No, cazzo...
senza vento sono perduto. Mi scaglia fuori le parole, incollate a
questa testa che non va.
Un ragazzo mi corre accanto energico. Il passo è rapido, il
tono muscolare invidiabile. Dove corri, dove corri... e io non trovo
le parole.
Se la voce reggesse canterei la mia rabbia.
Allora, la storia si svolge in libreria bla bla bla, ok, io lavoro e
c'è questo bambino che passa le giornate da me e sfoglia e
sfoglia libri su libri. Bene. Poi cose e altre cose e a un certo
punto mi rendo conto di non averlo mai sentito parlare. Devo trovare
il modo di raccontarlo come si deve, questo è importante.
Una ragazza siede sul motorino in quel modo scomposto che solo da
queste parti rende degli esseri apparentemente angelici così
volgari. Le sue gambe rivolte verso di me sembrano offrire paradisi
che non mi interessano. Il seno trabocca da ogni apertura di quella
camicetta. Troppe aperture, troppo seno. La bocca malamente truccata,
il capello fintamente scomposto. E fuma male. Fuma storto, come di chi
non sa fumare; non fuma e si atteggia. Vorrei fosse mia figlia per
volere che non lo fosse.
Il bambino quindi non parla, interessante, verte tutto su questo. E
piano piano bla bla bla cerco di capire chi sia. Mai accompagnato da
alcuno. Non l'ho mai notato entrare, mai uscire. Ma d'altra parte
lavoro e lavoro e lavoro. Su questo soprassiedi, fraintendono.
La ragazza mi rivolge uno sguardo. Traduco: “Non mi guardi per
niente affamato, sei gay?”. Vorrei sculettarle davanti ma alla fine
sono un uomo e mi piace che pensi che io possa pensare a lei su quel
cazzo di motorino, sguaiata ma selvaggia.
Non mi piace la volgarità piccolina! Fossi in te aspetterei un
paio d'anni. Ma tanto lo so che questo lungocosta trasuda di ormoni
impossessatisi di corpi in cerca, in cerca... eternamente in cerca
senza capire che tutto sta da un'altra parte. Che l'amore non è
una corsa. L'amore è un'analisi lenta del testo, sfiorare ogni
parola e metterla insieme a quella che la precede e a quella che la seguirà...
ma checcazz...
Il bambino non entra e non esce. Non parla. Chi è?
Provo ad avvicinarlo sempre di più. Spiegare come e quando non
so farlo. Devo trovare un escamotage per aggirare il problema
facendolo capire.
Hanno chiuso la gelateria della Rotonda? Vabbè non è
che fosse niente di che. Hai la fortuna di avere un posto dove
vendere gelato che te lo comrperebbe anche un gelataio stesso... e lo
tieni così. Ok, registra: gelateria chiusa. E intanto ti
distrai. Io fumerei fossi in te. Non aiuta a concentrarti? Così
ti vai dicendo da sempre per non smettere, coglione!
Entra, esce, non entra, non esce bla bla bla poi alla fine riesci a
porgli la domanda giusta e ti risponde sibillino con una frase che
sembra proprio l'unica risposta possibile. Non sembra adatta alla sua
età. Ti entra il dubbio. Come spiegarlo un mistero... ci
penserai.
Sono arrivato alla parte di balaustra che mi piace di più. Da
qui si vedono i due golfetti divisi dall'istmo della Rotonda. Cerchi
con lo sguardo l'ispirazione. Poveraccio, a cosa sei ridotto. Eppure
una volta dovevi frenarle, le parole. Entravano così
rapidamente nel tuo cono visivo che dovevi rincorrerle per fermarle.
Eterna caccia. Una buona parte rimanevano nelle tue mani e le posavi
lieve sulla pagina. Ti compiacevi pure, a volte. Poi strappavi,
cancellavi... che macellaio!
A pochi metri da me una donna guarda dalla parte opposta rispetto
alla mia. Mi volge le spalle solo un po' curve verso il mare. Tiene
la gamba destra leggermente appoggiata dietro alla sinistra. La
posizione come di un manichino d'arte, di quelli che disegni
stilizzati. Eppure la sagoma è proporzionata. Le gambe escono
precise da una gonnellina che sarebbe troppo corta se non fossero
guantate da calze dello stesso colore.
Levati dalla mente la parola eleganza, che ti conosco, mascherina...
il bambino?
Dopo quella volta riesco a parlargli ancora. E ancora. Ed ogni volta
il dialogo è praticamente un monologo, almeno fino a quando
lui non se ne esce con una di quelle frasi. Perfette. Ma chi diavolo
sei? Devo sapere.
Chi diavolo sei bella che guardi lontano? Provo a intuire il punto in
cui si fissano i suoi occhi e mi scopro a cercare di rubarle i
pensieri.
Una volta credevo di essere empatico. Poi addirittura pensavo che
fosse un dono di scrittore: scorgere un particolare apparentemente
insignificante e trarne una storia.
Poi ho pensato che stessi costruendo soltanto mondi inesistenti. Di
continuare a farmi male. Di suonarmi dietro addirittura la colonna
sonora, in questa affannosa ricerca di vivere un film.
Il bambino se ne continua con delle frasi delle sue... ma qui dovrò
infilarci qualcosa o stringare parecchio. Racconto breve, racconto
lungo, romanzo breve? Ma che diavolo stai pensando! Almeno comincia a
scrivere poi dove arriverà la strada lo scoprirai piano piano.
Te lo chiedo per favore, ti imploro... quasi. Scrivi qualcosa e
parti.
In quell'istante lei si volta. Mi sarei sentito osservato anch'io
fossi stato lei.
E porca puttana no! Occhi così non vale. Né quel
volto... affatto normale, inusuale... strano, ipnotico. Dio santo è
bella no no no no...
Mi volto.
Il bambino, sarà meglio...
Un giorno spara un'altra delle sue sentenze e lì lo secco.
MCEWAN!!!
Ah, fregato bello!
Ian
Mc
Ewan...
Questa la so. “Bambini nel tempo”, Einaudi. Letto riletto riletto
e...
riletto.
Bla bla bla corro a casa bla bla bla... cerco nella mente di
ricordare dove ho sentito alcune delle sue frasi...
... cerco di ricordare dove ho già visto i suoi occhi.
Era un sogno. Di quelli dai quali non ti vuoi svegliare. Sai che son
sogni, perdio, ma non puoi svegliarti. Non già. Non ora.
Ancora un po'. La finzione la vivi tutti i giorni e finisce ogni
istante. Almeno la notte, che duri!
Occhi negli occhi, adesso. Niente da fare sono preso. Un istante e
via, maledetto me! Bam bi no bam bi no bam... bi... no...
Cerco su internet una delle frasi che mi ha detto, e poi un'altra e
un'altra ancora. Cazzo. Sono tutte citazioni esatte dai libri. Questo
fetente parla attraverso le frasi dei libri. Qui te la dovrai giocare
bene perchè è un elemento parecchio interessante. E' il
fulcro del racconto. Tutte frasi essenziali nel corpo del libro...
nel corpo del libro... nel corpo...
... nel corpo suo si muove un'anima incredibile. Lo dicono gli occhi
e quel mezzo sorriso che spezza le reni. Mi viene incontro.
Mi viene incontro?
Mi viene incontro.
Le vado incontro...
Sorride.
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“Hai da accendere?”
Come hai da accendere. Sono già acceso. E poi rovini il
copione. Qui dovevi baciarmi saltando tutte quelle storie che non
servono. Sappiamo già tutto. Lo dicono le onde che non ci
sono, il vento che non c'è. Ci siamo solo noi ed i nostri
sguardi che cercavano tutti e due quello che non c'è, che ci
ricordavamo ci fosse, almeno quasi sempre. Baciami e chetati.
... tutte nel corpo del testo, le frasi.
E poi diventate amici, come son cazzi tuoi. Impari ad accettare che
lui parli solo e soltanto così. Utilizzando alcune delle
milioni di voci silenziose che accompagnano i tuoi giorni. Fino a
quando le tue domande si fanno sempre più ficcanti perchè
vuoi sapere e bla bla bla... e poi quella domanda. Quella semplice,
necessaria, inutile domanda...
... “Hei? Ciao, hai da accendere?”, e ride. No... se ci potesse
essere qualcuno in grado di costruire il perfetto contrappunto ai
tuoi occhi, cara te, questo non sarebbe riuscito a pensare al tuo
sorriso. Certo che ho da accendere ma rispondi al mio pensiero,
perchè
non
mi
baciebbasta. Ebbasta. Baciami.
Rispondi...
... rispondi bambino – qui costruisci il crescendo finale,
rapsodico, violento tanto sai che il finale sarà una nota
lunga in pianissimo... e lui risponde.
E questa volta
questa volta usa un finale. (finali belli ne hai segnati tanti,
prendi i tuoi fottutissimi libri sottolineati e scegli uno che
sciolga, su, falla finita!). Questa volta è un finale e bla bla
bla... e poi...
... e poi dici “Sì, tieni”, come un corno che interrompe
un assolo di oboe. Si, tieni.
Bastano queste due maledette parole per cambiarle l'espressione. Il
sorriso si piega per muovere la bocca verso la sigaretta. Le sue mani
che sognavi al tuo collo corrono a chiudersi a coppetta attorno al
tuo accendino. E poi una boccata e si accende, la maledetta. Mai alla
prima a me. A lei sì.
So che se ne andrà... so che se ne andrà...
... so che se ne andrà dopo questa frase. E' un finale d'altra
parte. Inconsueto per lui. Per cui è inevitabile. Bla bla bla.
E lo guardi voltarsi, piano, e camminare fuori dalla libreria, per la
prima volta. La prima volta e l'ultima perchè il bambino che
parlava con i libri non tornerà più. Mai più.
Sapevi che andava... lo sapevi...
... sapevi che andava... lo sapevi.
Accesa la sigaretta ecco fugace, come ultimo colpo di coltello,
letale, il suo sorriso apparire ai lati della sigaretta. Con una mano
la raggiunge e la sfila sensuale. Il sorriso si spalanca come
un'apertura d'archi nell'arioso centrale...
“Grazie”, inchinando leggermente il corpo come nel rinascimento.
Si trattiene soltanto un attimo sull'uscio dei miei occhi.
E se ne va.
Se ne va.
Ciao bambino che parla con i libri.
Ciao anche a te, bacio mai dato, occhi di sogno...
... ma d'altra parte le onde quel giorno riposavano, nessun vento le
muoveva ed il gioco delle maree era stanco, come di fine estate.
Ed io non scriverò neppure stasera. Perso per un bacio e un
bambino...
... che non vedrò mai più.
bella, delicata descrizione del tormento di chi scrive, l'occhio con cui osserva il mondo che lo osserva. Sei bravo, difficilmente io scrivo diari, non è nel mio stile, ma in te c'è il gioco della fantasia, l'altezza che tramuta il quotidiano in opera d'arte. Il gioco delle parole, i periodi brevi come boccate di sigaretta, le astrazioni fantasiose che portano la mente a deviare dal banale per divenire poesia. Grazie amico trovato per caso, grazie d'avermi riconciliato con la descrizione del quotidiano, ho letto volentieri il tuo scritto e spero che tornino, altre parole, altri tormenti d'artista.
RispondiEliminaIndeciso, assai. Ti lascio un commento, dettagliato, lungo, colto, efficace, sì da rispondere con citazioni alle citazioni, insomma faccio un lavoro da protagonista, ti rubo la scena, vengo a fare il professorino a casa tua?
RispondiEliminaO è forse meglio una pennellata, 'na roba casual buttata lì a caso che sembra uno scarabocchio, un fazzoletto di lino che non accetta la prigione del taschino della giacca dove sembra rinchiuso lì a caso ma che invece ci son voluti venti minuti per sistemarcelo così.
McEwan, già.
L'informazione, Martin Amis.
Se uno fosse distratto potrebbe dire emachegraziealcazzo quel lunghissimo lungomare è fonte inesauribile d'ispirazione...
Semplicemente, è una fotografia. Vai a Key West, aspetta il calar del sole e scatta: applausi.
Cazzo, scendi sotto casa piegati sulle ginocchia e facci emozionare facendoci vedere ciò che tutti noi avremmo potuto vedere se solo fossimo bravi come.
E tu sei bravo, Leonardo. Amico mio.
Un abbraccio, Luca.
una storia interessante ed emozionante che mi ha fatto respirare profondamente e sentire i sentimenti dei personaggi,on passaggi di amore poetico e lussuria,mi è piaciuto molto.
RispondiEliminaGrazie di nuovo a Giandiego e a Luca per i loro commenti che mi fanno piacere perchè provengono da persone che sanno davvero come usare la penna (devo linkare i vostri blog qui, se non lo faccio ricordatemelo che dormo!)
RispondiEliminaE ringrazio molto anche Encontros per il pensiero carino di darmi un suo parere piacevole qui. Benvenuta a bordo!
Olá Leonardo Vannucci, gostei muito dessa postágem, do beijo
RispondiEliminaimagino você refugiado a noite como uma coruja, em seu quarto escrevendo ou lendo, outra hora imagino você andando
pela praia, buscando inspiração, igual na sua postágem, e assim vou imaginando todos os dias, porque sou sua admiradora
um beijo.