venerdì 14 giugno 2013

Qualcosa sta nascendo...


Facciamo il punto da Gezi Parki

E' stato un continuo palpitare di emozioni quello che ci ha accompagnato in questi giorni, non facile fare il punto per gli amici che hanno deciso di seguire anche tramite me gli eventi di Istanbul.

Fossi un giornalista mi dovrei imporre uno sguardo il più laico possibile su quello che è accaduto e sta accadendo. Non esserlo mi permette di usare un linguaggio diverso per cui permettetemi la assoluta non professionalità della cosa, preferisco che il flusso di sensazioni scorra dalla mente alle dita e dalle dita a questa pagina.

Qualcosa sta nascendo... come si vede in questa splendida e originale foto scattata nella piazza insorta. 
Sta nascendo un sentimento comune tra i popoli dell'Unione europea, un link sempre meno sotterraneo di idee, movimenti, persone: l'emergere simultaneo di fastidi che possono tramutare in pensieri positivi, quantomeno di riconoscimento reciproco.

Ho sempre pensato e detto che alla sovranazionalità dei processi economici e di controllo possiamo rispondere soltanto attraverso la creazione di fitte reti di comunicazione, condivisione, scambi. Soltanto un gruppo enorme di persone che nasca abbattendo i confini di lingue e stati può reggere l'urto sempre più possente dei cosiddetti poteri forti.



Abituati come siamo a istanze dietrologiche molti di noi si sono spesso interrogati rispetto ai fatti di Turchia su chi vi sia dietro.

Io non credo che vi sia niente di più limpido all'orizzonte di quello che spontaneamente è successo nelle varie piazze turche e in quelle che, nel mondo, hanno riverberato con loro in questi giorni.
Certamente ci saranno stati e ci saranno ancora persone e gruppi che cercheranno di mettere il cappello sui fatti avvenuti o sfruttarli per scopi diversi da quelli per cui sono nati. Questo avviene sempre. 
Ma sta nella vastità dell'eco ottenuta la tutela che quello che è successo passi alla storia per come deve essere: la necessità di difendere i propri spazi urbani in maniera elegante e pacifica contro il potere costituito che cerca di spazzare le idee con la forza e la morte.

Detto questo ieri scadeva la deadline imposta dal Presidente Erdogan che imponeva ai manifestanti di lasciare immediatamente il Parco.
Si era fatto appello alle madri dei ragazzi in piazza affinché richiamassero i loro cuccioli all'ovile ma questo non solo non è successo ma, anzi, ha spinto le donne di Istanbul ieri sera a scendere anch'esse in piazza e costruire un cordone d'amore a protezione degli occupanti del Parco.


Ci sono stati ieri momenti altissimi di festa, con danze, canti, concerti... e c'è stato anche il momento del ricordo delle persone cadute, ad oggi 5 accertate, e di quelle ferite, incarcerate o torturate, lo ricordiamo più di cinquemila.


Tutto questo ha prodotto un'ennesimo summit notturno tra Erdogan e rappresentanti del movimento e degli artisti turchi impegnati nel difendere gli occupanti dal quale arrivano buone notizie.
Il presidente pare che abbia finalmente deciso di attendere la sentenza della corte sulla sorte del Parco, affidandosi come avrebbe dovuto da subito alla legge. Se la Corte decidesse di bloccare i lavori previsti che avrebbero spazzato via il parco cittadino allora la gente di Turchia avrebbe vinto; se invece venisse deciso per il proseguimento dei lavori allora il Presidente offrirebbe alla cittadinanza la possibilità di scegliere attraverso un referendum.

Questa sembrerebbe una vittoria totale del popolo di Gezi Parki, nella speranza che non sia soltanto un modo nuovo per allontanare la protesta dal circo mediatico che la sta riverberando in tutto il mondo a danno dell'immagine già precaria del governo turco.

Ad ogni buon conto qualcosa sta nascendo... dobbiamo credere e sperare che quello che è accaduto in Turchia, che sta succedendo in Grecia, che si riversa anche nelle strade della Gran Bretagna in vista del G8, sia la nascita di qualcosa di positivo, nonviolento ma duro nei propositi.

La speranza è che vinca 

L'amore ai tempi della collera...





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