sabato 21 maggio 2016

Un saluto al calcio: un amore che mi ha dato tanto...



Combatti Livorno!
Il calcio continua a morire, ma fa male lo stesso...


Il calcio è stato una mia passione forte.
Per il calcio ho saltato giornate di scuola, ho dedicato interi fine settimana a scapito di fidanzate e famiglia, passato le mie serate di fronte alla TV.

Questo fino a qualche tempo fa, qualche anno, quando un giorno - ZZAAACCC - mi son rotto i coglioni, come direbbero i poeti maledetti francesi.

Nella mia vita però il calcio non ha rappresentato soltanto uno sport praticato per anni, una passione quasi fideistica verso i colori labronici e del Milan, ma anche un rito laico che forse è stato il legame più forte tra me e mio padre.

14 anni fa, dopo trent'anni di limbo, il mio Livorno si riaffacciava con orgoglio e fatica ai campionati che contano. Gli amaranto tornavano in serie B dopo una galoppata incredibile e grazie ai piedi di giocatori-amanti come Igor Protti.



In quei giorni mio padre si aggravava, la sua mente si stava allontanando e i suoi occhi mi cercavano smarrito, chissà se cercando di capire chi fossi o nel tentativo di comunicarmi la sua sofferenza.

Ricordo che il giorno della promozione in B, uscito dallo stadio travestito da capo a piedi di amaranto e fuggendo da una festa che in città sarebbe durata ben 3 giorni, sono corso all'Ospedale, dove lui giaceva nel letto incapace di muoversi nel reparto di cure palliative.

Entrare in un luogo come quello vestito come il più accanito degli ultras, sciarpa e bandiera comprese, non è il massimo. Ma babbo ha vissuto per mesi in quel reparto di angeli. Avevano imparato a conoscerci, ci avevano accolto come se fossimo in casa nostra ed io mi comportai come se fossi tornato a casa, portando la mia gioia ai piedi di chi mi aveva accompagnato lungo la strada per tutti gli anni.

Non so se fosse la magia del momento o una mia suggestione, ti sto parlando di fatti che la mente rielabora in maniera strana per cui prendiamoli come sono, ma la mia bandiera sventolante e il mio grido "Babbo siamo in B, babbo siamo in B!" sembrò far scattare in lui una certa inquietudine. I suoi occhi correvano su e giù a seguire i movimenti della bandiera, i pugni serrati, il corpo in un leggero fremito... ho pensato che stesse gioendo con me.

Ho capito quel giorno che una parte del mio rapporto con il calcio se ne stava andando per sempre. Condividere gli spalti o il divano con babbo e la nostra passione era metà del piacere.

Mi ha insegnato a tifare con rispetto, a onorare la maglia, a cercare la misura nell'esaltazione ma a credere che l'agonismo e i colori cittadini fossero un valore da coltivare, anche nello sport.

Pochissimo tempo dopo il Livorno è tornato pure in Serie A, dopo un periodo ancora più lungo di limbo. 

Abbiamo assaggiato la Coppa UEFA, abbiamo visto calcare il prato dell'Ardenza da giocatori e allenatori che non dimenticheremo mai, tra gli alti e bassi che facevamo tra serie maggiore e serie B.


Il 20 Giugno del 2009, alle 3 di mattina, nacque la mia seconda bambina: Maddalena. Quella sera ci giocavamo di nuovo il ritorno in Serie A e quella giornata mi fece quel regalo doppio: una giornata quasi di 24 ore ininterrotte tra il parto, la gioia condivisa con moglie, parenti e amici durante la giornata e poi il sabba serale che cominciava con la trasmissione della partita e che finiva qualche ora dopo con gli amici in giro per la città. Una sbornia di vita e di gioia.

Così, ieri sera, dopo anni che ho abbandonato il calcio per gli scandali e la pochezza estetica degli ultimi campionati, ho cercato dentro di me il vecchio tifoso. Ho seguito gli eventi di una partita che, alla meglio, avrebbe potuto portarci allo spareggio per rimanere in Serie B. Ma avevo un presagio.

Anche sul 2 a 0 per la mia squadra io continuavo ad aggiornare i risultati delle altre partite, come se mi attendessi qualcosa.

Proprio la summa di quello che ha intiepidito il mio amore per questo sport - arbitraggio scandaloso e se non fraudolento, giocatori inguardabili e mercenari senza alcun attaccamento al loro lavoro - ha organizzato un finale teatrale, come teatrale sono stati tutti i quasi quarant'anni che mi legano al Livorno Calcio.

Rigore inesistente, fuorigioco non segnalato, espulsione del portiere che non tocca minimamente l'avversario. 2 a 1...

Entra il più "chiacchierato" dei portieri, da poco scontratosi con la tifoseria sui Social (sui Social, sic!). Non fa in tempo neppure a respirare due volte che fa una papera colossale. 2 a 2!

Negli ultimi 10 minuti questi due fatti sconvolgono totalmente il risultato: una stilettata da dietro la tenda di una doccia, in pieno stile hitchcockiano.

Il calcio toglie il calcio dà, proprio come la vita.

Mi sono fermato due minuti a pensare e ho capito alcune cose: l'amore che ho profuso verso questo sport e la mia squadra del cuore è qualcosa che non può essere cancellato dalla noia attuale; i ricordi indelebili legati a mio padre stanno qui, a poche centinaia di passi da me, su quegli spalti dove condividevo la mia giovinezza con i suoi racconti di un calcio che non c'era più. Il mio amore per questa città bellissima, a tratti incompresa e maltrattata non diminuisce mai.

Ieri si è chiuso un capitolo lungo della mia vita, che cominciò quel giorno ai piedi del letto di ospedale di mio padre e che si è spento in due note su Internet che comunicavano il pareggio del Lanciano.

Non so perché ma continuo a pensare a mio padre. Lui minimizzerebbe difronte a me, incazzato come non mai dentro di sé.

Rivedo le curve piene. Sento i canti e gli slogan. Rivivo emozioni potenti che ancora oggi mi danno i brividi. E il tempo che passa...

L'unico pensiero felice che mi accompagna stamani è che per le vie della città, questa mattina, stanno camminando bambini che forse un giorno vivranno le emozioni che ho vissuto anch'io.

Perché lo sport non è tutto nella vita. Ma sa essere una gran cazzo di esperienza.

E già mi manca...


4 commenti:

  1. Ieri in edicola ho visto la nuova bandiera del Cagliari Calcio targata MISSIONE COMPIUTA (siamo tornati in A a pieni voti!) ma non ha nulla a che vedere con la bandiera dello scudetto del '70, ricamata a mano, domenica dopo domenica (quelle giocate fuori casa perchè allo stadio c'ero anch'io!) da mio padre e sventolata per ore in città quel 12 aprile 1970, sino a tarda notte e fregandocene se la benzina che si consumava ci avrebbe tolto il pollo con le patatine la domenica successiva! Stessi colori ma luce diversa!
    E' vero, il calcio "di oggi" ha perso la magia del suo significato ma noi che tifiamo una squadra non per i giocatori o le partite, ma perchè ci riconosciamo parte di una identità locale, sappiamo che questa fede profana può esteticamente assuefarci e disincantarci, ma non sradicherà i colori della vita del le nostre città, ognuna con la propria specifica storia costruita culturalmente ed economicamente anche con il sacrificio dei nostri genitori, colori che hanno attecchito nel nostro cuore facendoci essere, volenti o molenti, promotori e tifosi! Ciao Leo!!!

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    1. Che bella questa risposta. Grazie davvero. Bellissimi ricordi anche per te.

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    1. Grande Ale... lo sport fa parte della nostra vita, dei nostri ricordi più cari. Non è "solo" sport e tu lo sai bene. Un abbraccio enorme anche da me.

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